Nicola Mogavero

Giacomo Cuticchio Ensemble

Giacomo Cuticchio Ensemble

 

Nicola Mogavero | Sax soprano e baritono

Mauro Vivona | Corno

Alessio Pianelli e Francesco Biscari | Violoncello

Marco Badami | Violino

Giacomo Cuticchio | Pianoforte

Chiara Andrich | Video

Giacomo Cuticchio, nato a Palermo nel 1982, è compositore, pianista ed erede di una delle più robuste e vitali tradizioni teatrali siciliane. Figlio e nipote di maestri pupari, la sua formazione d’artista ha luogo tra sogni cavallereschi, senni smarriti e avventurosamente recuperati, battaglie, passioni e paradigmi etici, nella cornice di estremo rigore e attenzione che caratterizza l’attività teatrale di famiglia. L’inclinazione per la musica del piccolo Giacomo ha trovato fertilissima terra tra i suoni del pianino, che tradizionalmente scandisce e commenta le vicende dei paladini di Francia, e lo straordinario e prezioso esercizio della vocalità propria dell’Opra e del cunto. Il casuale incontro con la musica di Philip Glass e la sempre viva attenzione per la musica antica, rinascimentale e barocca, hanno indicato a un ancor giovanissimo Giacomo il sentiero a lui congeniale, ponendosi a ideali cardini di una ricerca sulle radici della musica, per tantissimi versi analoga agli sforzi del padre Mimmo, di innovazione dell’Opra a partire dalla sue fondamenta. Alieno da preoccupazioni esclusivamente linguistiche, Giacomo Cuticchio si propone di raggiungere l’immediatezza dell’emozione, cercando, su canovacci strutturali quasi archetipici, le forme più adeguate ai suoi intenti: la musica di Giacomo nasce direttamente dal cuore dei meccanismi che regolano il funzionamento delle forme. Tanta attenzione ai principi ultimi che presiedono alla nascita della musica non può che avere, come ovvio corollario, un interesse per il suono, in sé e in relazione con l’esistente, costantemente alimentato dalla viva pratica improvvisativa allo strumento. Alla base di questo straordinario intuito di Giacomo Cuticchio per il suono e per la sua drammaturgia è possibile rintracciare, con una certa sicurezza, la prassi del cunto, di cui il padre Mimmo, già allievo del maestro puparo e cuntista Peppino Celano, è l’ultimo degli autentici eredi: come nel cunto, attraverso l’alterazione ritmica del respiro, la parola si fa canto, liberando la propria anima sonora, così, con la medesima naturalezza, nella musica di Giacomo i suoni diventano tangibile, udibile forma. Potremmo rintracciare in ciò l’origine della evidente fascinazione del giovane Giacomo Cuticchio per il minimalismo, per questo ultimo grande “ismo” novecentesco la cui attenzione al suono è ben più che mera osservazione di superficie. E qui forse il cerchio si chiude, legando la tradizione in cui Giacomo Cuticchio è nato con le grandi esperienze della modernità musicale, lungo il crinale sottilissimo tra il respiro e la parola, tra il suono e il suono organizzato, tra un senno costantemente smarrito e ritrovato al suono di un antico pianino. Al ritmo di un’esistenza umana ancora possibile.

Gianluca Cangemi

Questo mio Quaderno di Danze e Battaglie dell’Opera dei Pupi è un omaggio al lavoro degli opranti pupari e alle loro creature, evocate con citazioni sonore, incanti e suggestioni tra le armonie e i ritmi della musica. La Ouverture, come da tradizione, introduce l’azione e i temi delle narrazioni cavalleresche sviluppate nei brani seguenti. Arditi e Trame è una rappresentazione musicale del “vantamento” dei Paladini di Francia, la tradizionale parata che vede sfilare i cavalieri di Carlo Magno col seguito di principesse e scudieri, finché lo squillo del “corno di guerra” annuncia l’assedio dell’esercito avversario e, con esso, l’apprestarsi della seguente Battaglia, scandita inizialmente dal tempo composto in 7/8, chiamato a evocare il battito del piede – quasi una danza – che gli opranti praticano dietro le quinte per dare ritmo a una singolar tenzone tra paladini, mentre il seguente tempo ternario, che chiude il numero guerresco, è lo stesso del tactus tradizionale delle battaglie campali. Una serenità distesa tra tensione e abbandono caratterizza il successivo quadro, Pene d’amore perdute, sospeso tra la delicatezza dell’amor cortese e l’asprezza dei paradigmi etici che caratterizzano le relazioni tra i Paladini di Francia. L’ultimo quadro introduce l’ascoltatore dentro La fabbrica degli incantesimi, in cui prende vita il “fantastico” del Teatro dei Pupi, tra potenti maghi, maestri d’ogni incanto e sortilegio. Maestri di canto e d’incanto sono anche gli straordinari musicisti dell’Ensemble, ora Paladini ora opranti in questo mio teatro sonoro: Nicola Mogavero che s’alterna tra le agilità del sassofono soprano e le profondità morbide e rugose del sax baritono, Mauro Vivona con l’ottone guerriero del suo corno, Alessio Pianelli e Francesco Biscari ai violoncelli, in un continuo cimento tra aperture solistiche e colore orchestrale. Il mio pianoforte prende parte all’Opera come l’antico pianino a cilindro, cui la tradizione assegna il ruolo di commentatore musicale degli spettacoli del Teatro dei Pupi, quello stesso pianino che io suonavo da bambino durante il mio apprendistato di puparo. La Rapsodia Fantastica che chiude il programma, interpretata da Chiara Andrich con le immagini abili e affettuose del suo video, è una composizione liberamente articolata in cui lascio vivere e risuonare il lavoro, i ritmi e le atmosfere del Teatro di famiglia.

Giacomo Cuticchio

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